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domenica 25 novembre 2007

LO STALKING: CONOSCERLO E DIFENDERSI

SINDROME DEL MOLESTATORE


Alcuni comportamenti come telefonate, sms, e-mail, "visite a sorpresa" e perfino l’invio di fiori o regali, possono essere graditi segni di affetto che, tuttavia a volte, possono trasformarsi in vere e proprie forme di persecuzione in grado di limitare la libertà di una persona e di violare la sua privacy, giungendo perfino a spaventare chi ne è destinatario suo malgrado.
A diventare "molestatore assillante" o "stalker" può essere una persona conosciuta con cui si aveva qualche tipo di relazione o perfino uno sconosciuto con cui ci si è scontrati anche solo per caso, magari per motivi di lavoro.
Inseguimento, molestia e persecuzione possono manifestarsi sotto innumerevoli forme.
Esse possono essere qualcosa di sporadico oppure possono essere insistenti manifestazioni di un fenomeno psicologico e sociale conosciuto soprattutto con il nome di "stalking" , ma chiamato anche "sindrome del molestatore assillante" , "inseguimento ossessivo" o anche obsessional following . La terminologia più comune, quella di "stalking", è stata coniata con la finalità di raffigurare simbolicamente, con un termine in lingua inglese che significa "appostarsi", l’atteggiamento di chi mette in atto molestie assillanti e per questo viene definito "stalker".
Il "molestatore assillante" manifesta, infatti, un complesso insieme di comportamenti che vengono ben racchiusi sinteticamente dall’espressione "fare la posta" che comprende l’aspettare, l’inseguire, il raccogliere informazioni sulla "vittima" e sui suoi movimenti, comportamenti che sono quasi sempre "tipici" di tutti gli stalkers, al di là delle differenze rilevate di situazione in situazione.
In effetti alcuni studi compiuti su questo fenomeno (Mullen P. E. & al., 2000) hanno distinto due categorie di comportamenti attraverso i quali si può attuare lo stalking.
La prima tipologia comprende le comunicazioni intrusive , che includono tutti i comportamenti con scopo di trasmettere messaggi sulle proprie emozioni, sui bisogni, sugli impulsi, sui desideri o sulle intenzioni, tanto relativi a stati affettivi amorosi (anche se in forme coatte o dipendenti) che a vissuti di odio, rancore o vendetta. I metodi di persecuzione adottati, di conseguenza, sono forme di comunicazione con l’ausilio di strumenti come telefono, lettere, sms, e-mail o perfino graffiti o murales.
Il secondo tipo di comportamenti di stalking è costituito dai contatti , che possono essere attuati sia attraverso comportamenti di controllo diretto, quali ad esempio pedinare o sorvegliare, che mediante comportamenti di confronto diretto , quali visite sotto casa o sul posto di lavoro, minacce o aggressioni. Generalmente non si ritrovano due tipologie separate "pure" di stalkers, ma molestie in forme miste in cui alla prima tipologia, in genere segue la seconda specie di azioni.
Il comportamento stalkizzante è stato delineato nei suoi dettagli più specifici che permettono di distinguerlo da comportamenti simili (Galeazzi G.M., Curci P., 2001). A tal proposito, sono particolarmente importanti tre caratteristiche di una molestia perché si possa parlare di "stalking":
l’attore della molestia, lo stalker, agisce nei confronti di una persona che è designata come vittima in virtù di un investimento ideo-affettivo, basato su una situazione relazionale reale oppure parzialmente o totalmente immaginata (in base alla personalità di partenza e al livello di contatto con la realtà mantenuto);
lo stalking si manifesta attraverso una serie di comportamenti basati sulla comunicazione e/o sul contatto, ma in ogni caso connotati dalla ripetizione, insistenza e intrusività;
la pressione psicologica legata alla "coazione" comportamentale dello stalker e al terrorismo psicologico effettuato, pongono la vittima stalkizzata, definita anche stalking victim, in uno stato di allerta, di emergenza e di stress psicologico. Questi vissuti psicologici possono essere legati sia alla percezione dei comportamenti persecutori come sgraditi, intrusivi e fastidiosi, che alla preoccupazione e all’angoscia derivanti dalla paura per la propria incolumità.
Identikit del molestatore assillante
La coazione che connota il comportamento di stalking, e che permette di delinearlo anche giuridicamente, ha fatto ipotizzare che tale problema fosse una forma di "disturbo ossessivo". Tuttavia, come è stato osservato, i disturbi psicopatologici ossessivi sono connotati da vissuti egodistonici relativi ai comportamenti attuati e, conseguentemente, da un malessere provocato dalle idee, dai pensieri, dalle immagini mentali e dagli impulsi ossessivi legati alla persecuzione. Questi vissuti di disagio e di intrusione in realtà non risultano presenti in genere negli stalkers che, al contrario, tendono perfino a trarre piacere dal perseguitare.
È molto importante sottolineare altresì che lo stalking non è un fenomeno omogeneo; pertanto, risulta difficile fare rientrare i molestatori assillanti in una categoria diagnostica precisa o identificare sempre la presenza di una vera e propria patologia mentale di riferimento. Gli stalkers non sono sempre persone con un disturbo mentale e, anche se esistono alcune forme di persecuzione che sono agite nel contesto di un quadro psicopatologico, questa non è una condizione sempre presente così come non esiste sempre un abuso di sostanze associato al comportamento stalkizzante.
Ciò che è importante comprendere è che dietro a comportamenti di molestia simili possono celarsi motivazioni anche molto differenti tra loro. A questa conclusione si è giunti in seguito a studi che hanno esaminato il profilo psicologico di numerosi stalkers e, sulla scorta dei quali, si è giunti ad individuare cinque tipologie di stalkers , distinti in base ai bisogni e desideri che fanno da motore motivazionale (Mullen et al., 1999).
Una prima tipologia di molestatore insistente è stata definita "il risentito" . Il suo comportamento è sospinto dal desiderio di vendicarsi di un danno o di un torto che ritiene di aver subito ed è quindi alimentato dalla ricerca di vendetta. Si tratta di una categoria piuttosto pericolosa che può ledere prima l’immagine della persona e poi la persona stessa. Il problema più grave è legato alla scarsa analisi della realtà: perché il risentimento fa considerare giustificati i propri comportamenti che, producendo sensazioni di controllo sulla realtà, tendono a loro volta a rinforzarli.
La seconda tipologia di stalker è stata denominata "il bisognoso d’affetto" , una tipologia che è motivata dalla ricerca di una relazione e di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore. La vittima in genere viene considerata, per via di una generalizzazione a partire da una o più caratteristiche osservate anche superficialmente, vicina al "partner o amico/a ideale", una persona che si ritiene possa aiutare, attraverso la relazione desiderata, a risolvere la propria mancanza di amore o affetto. Spesso il rifiuto dell’altro viene negato e reinterpretato sviluppando la convinzione che egli abbia bisogno di sbloccarsi e superare qualche difficoltà psicologica o concreta. Questa categoria include anche la forma definita "delirio erotomane", in cui il bisogno di affetto viene erotizzato e lo/la stalker tende a leggere nelle risposte della vittima un desiderio a cui lei/lui resiste. L’idea di un rifiuto, vissuto come un’intollerabile attacco all’Io, viene respinta con grande energia e strutturando un’alta difesa basata sull’allontanamento della percezione reale dell’altro, delle sue reazioni e della relazione reale che viene sostituita da quella immaginaria.
Una terza tipologia di persecutore è quella definita "il corteggiatore incompetente" , che tiene un comportamento alimentato dalla sua scarsa o inesistente competenza relazionale che si traduce in comportamenti opprimenti, espliciti e, quando non riesce a raggiungere i risultati sperati, anche aggressivi e villani. Questo tipo di molestatore è generalmente meno resistente nel tempo nel perseguire la persecuzione della stessa vittima, ma tende a riproporre i propri schemi comportamentali cambiando persona da molestare.
Esiste poi "il respinto" , un persecutore che diventa tale in reazione ad un rifiuto. È in genere un ex che mira a ristabilire la relazione oppure a vendicarsi per l’abbandono. Spesso oscilla tra i due desideri, manifestando comportamenti estremamente duraturi nel tempo che non si lasciano intimorire dalle reazioni negative manifestate dalla vittima: la persecuzione infatti rappresenta comunque una forma di relazione che rassicura rispetto alla perdita totale, percepita come intollerabile. Nella psicologia di questo tipo di "inseguitore assillante" gioca un ruolo cruciale il modello di attaccamento sviluppato che è una delle forme di tipo insicuro, in grado di scatenare angosce legate all’abbandono che creano una tendenza interiore, più o meno consapevole, a considerare l’assenza dell’altro come una minaccia di annientamento e di annullamento del Sé.
Infine, è stata descritta una categoria di stalker definita "il predatore" e costituita da un molestatore che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di stalker che prova un senso di potere nell’organizzare l’assalto. Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere agito anche da persone con disturbi nella sfera sessuale, quali pedofili o feticisti.
La vittima e il legame con il suo Stalker
Molte persone che subiscono molestie assillanti sono donne di un’età più frequentemente compresa tra i 18 e i 24 anni. Tuttavia, alcuni tipi di persecuzioni, quali ad esempio quelle legate al risentimento o alla paura di perdere la relazione che nasce dall’essere respinti, sono rivolte principalmente a donne tra i 35 e i 44 anni.
Alcuni studi sul fenomeno in esame hanno mostrato dei risultati interessanti che servono a riflettere ulteriormente sulle caratteristiche delle vittime di stalking e sull’importanza della relazione che, spesso solo nella mente dello stalker, si instaura con tutta la capacità di influenza che può esercitare una relazione reale. A questo proposito si è riscontrato che esiste una "categoria sociale a rischio di stalking" rappresentata da tutti gli appartenenti alle cosiddette "professioni d’aiuto", vale a dire i medici, gli psicologi, gli infermieri e ogni altra sorta di "helper". Ciò sembra trovare due spiegazioni: da un lato questi professionisti entrano in contatto con bisogni profondi di aiuto delle persone e possono facilmente divenire vittime di proiezioni di affetti e relazioni interiorizzate; dall’altro le eccessive speranze di alcuni "pazienti" possono essere tradite dalla quotidianità professionale e lo stalking diventa una domanda di attenzione o una ricerca di vendetta per l’attribuzione di responsabilità sulla salute o sulla vita propria o dei propri cari, aspetti che non sono in realtà mai completamente nelle mani di nessuno.
Tecniche di comportamento Antistalking
Dal momento che non tutte le situazioni di stalking sono uguali, non è possibile generalizzare facilmente delle modalità comportamentali di difesa che devono essere adattate alle circostanze e alle diverse tipologie di persecutori.
Esistono tuttavia alcune regole utili.

Innanzitutto, inutile negare il problema. Spesso, dal momento che nessuno vuole considerarsi una "vittima", si tende a evitare di riconoscersi in pericolo, finendo per sottovalutare il rischio e aiutando così lo stalker. Il primo passo è allora sempre quello di riconoscere il problema e di adottare delle precauzioni maggiori rispetto a quelle adottate dalle persone che non hanno questo problema. Occorre informarsi sull’argomento e comprendere i rischi reali, seguendo dei comportamenti volti a scoraggiare, quando è possibile, gli atti di molestia assillante.
Se la molestia consiste nella richiesta di iniziare o ristabilire una relazione indesiderata, è necessario essere fermi nel "dire di no" una sola volta e in modo chiaro. Altri sforzi di convincere il proprio persecutore insistente, comprese improvvisate interpretazioni psicologiche che lo/la additano come bisognoso di aiuto e di cure, saranno lette come reazioni ai suoi comportamenti e quindi rappresenteranno dei rinforzi, in quanto attenzioni. Anche la restituzione di un regalo non gradito, una telefonata di rabbia o una risposta negativa ad una lettera sono segnali di attenzione che rinforzano lo stalking.
Comportamenti molto efficaci per difendersi dal rischio di aggressioni sono quelli prudenti in cui si esce senza seguire abitudini routinarie e prevedibili, in orari maggiormente affollati e in luoghi non isolati, magari adottando un cane addestrato alla difesa, un modo che si è rivelato molto utile sia come concreta difesa che per aumentare la sensazione di sicurezza.
Se le molestie sono telefoniche, non cambiare numero. Anche in questo caso, le frustrazioni aumenterebbero la motivazione allo stalking. È meglio cercare di ottenere una seconda linea, lasciando che la vecchia linea diventi quella su cui il molestatore può continuare a telefonare, magari mentre azzerate la soneria e rispondete gradualmente sempre meno.
Per produrre prove della molestia alla polizia, non lasciarsi prendere dalla rabbia o dalla paura e raccogliere più dati possibili sui fastidi subiti.
È utile mantenere sempre a portata di mano un cellulare in più per chiamare in caso di emergenza.
Se si pensa di essere in pericolo o seguiti, non andare mai di corsa a casa o da un amico, ma recarsi dalle forze dell’ordine.
Le conseguenze dello Stalking
Purtroppo spesso, soprattutto per via di norme giuridiche che limitano gli interventi di prevenzione delle situazioni di emergenza, i comportamenti di stalking possono essere protratti a lungo con conseguenze psicologiche negative principalmente per la vittima, ma anche per chi lo agisce e, talvolta, per chi lo osserva.
La vittima, per quanto possa essere breve il periodo in cui viene perseguitata, rischia di conservare a lungo delle vere e proprie ferite. Le conseguenze dello stalking infatti, per chi lo subisce, sono spesso diverse e si trascinano per molto tempo cronicizzandosi. In base al tipo di atti subiti e alle emozioni sperimentate possono determinarsi stati d’ansia e problemi di insonnia o incubi, ma anche flashback e veri e propri quadri di Disturbo Post Traumatico da Stress.
Lo stalker che agisce compulsivamente tende a seguire i propri bisogni e a negare la realtà, danneggiando progressivamente la propria salute mentale e la qualità della propria vita sociale che si deteriorano sempre di più, via via che la persecuzione si protrae nel tempo.
Il pubblico degli episodi di stalking può essere il ristretto pubblico familiare che, identificandosi empaticamente alla vittima, può sviluppare preoccupazioni per la persona cara o forme vicarie di paura ed ansia. Ma il pubblico in senso ampio, grazie all’importante ruolo dei mass media, è la società, in cui l’esempio della violazione della privacy tollerata può rappresentare un modello comportamentale che alimenta le possibilità di nuovi fenomeni, anche perché quelli agiti spesso vengono spiegati (e parzialmente giustificati) sulla base di "possibili raptus" o di "eccessi di amore".
Approfondimenti bibliografici

Meloy J. R., 1998, The psychology of stalking, Academic Press.
Mullen P.E., Pathè M., Purcell R., Stuart G., 1999, A study of stalkers. In American Journal of Psychiatry, 156, 1244-1249.
Oliviero Ferraris A., 2001, Stalker il persecutore. In Psicologia Contemporanea, 164, 18-25.

Fonte: http://www.benessere.com/psicologia/arg00/sindrome_molestatore.htm

venerdì 23 novembre 2007

Troppe violenze alle donne

Donne, la violenza in casa ne uccide più del cancro

Harrison Ford e Michelle Pfeiffer in “Le verità nascoste”

Le donne in Europa sono uccise più dalla violenza familiare che da qualsiasi malattia: tra i 16 e 44 anni l'aggressione tra le mura domestiche rappresenta la prima causa di morte. Più del cancro, degli incidenti stradali e delle guerre. I dati sono forniti dal Consiglio d'Europa. Nel mondo una donna su tre, nella sua vita è almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 40-70% delle donne assassinate muore per mano di parenti. 130 milioni sono le bambini che subiscono mutilazioni genitali. Secondo dati Istat, in Italia per quanto riguarda le violenze sessuali subite prima dei 16 anni, queste hanno coinvolto un 1 milione 400 mila ragazzine. Solo nel 2006 sono state oltre un milione le vittime di violenza: la maggior parte di loro ha tra i 16 e i 24 anni (16,3%). Il 3,5 % delle donne ha subito violenza sessuale, il 2,7% violenza fisica; lo 0,3% stupri o tentati stupri a opera del proprio partner (69,7%), di un conoscente (17,4%) o di un estraneo (6,2%). La violenza domestica ha colpito il 2,4% delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4%. Le violenze aumentano nei Paesi in guerra. Secondo Consuelo Corradi, professore straordinario di sociologia all'università Lumsa di Roma, «quando si ha la liquefazione di strutture importanti della società, la violenza diventa un'illusione di risposta alla mancanza di identità. I genocidi avvengono infatti in guerra quando crolla il tessuto della legittimità politica». L'Associazione nazionale Maschile Plurale ha infatti aderito alla giornata internazionale contro la violenza alla donne, in programma il 25 novembre, organizzando varie iniziative in tutta Italia.

Stupratori: solo l'1% viene condannato

Soltanto l'1% degli autori di violenza sessuale contro le donne è alla fine condannato. Lo ha rilevato l'Istat che, fra l'altro, smentisce lo stereotipo secondo il quale la violenza alle donne è un fenomeno che avviene per strada commessa da stranieri. Per tentare di contrastare la violenza controle donne è nato un forum permanente, un luogo di dialogo e confronto fra istituzioni, associazioni ed enti locali. L'iniziativa, varata alla vigilia della Giornata internazionale dell'Onu contro la violenza alle donne che ricorre domenica 25 novembre, è del ministro per i diritti e per le pari opportunità, Barbara Pollastrini. «Il Forum - ha spiegato Pollastrini - vuole essere un luogo plurale di elaborazione nella lotta contro la violenza.» Il direttore generale dell'Istat, Linda Laura Sabbadini, nel corso dell'assemblea sulla violenza alle donne organizzato dal ministero per i diritti e per le pari opportunità ha affermato che: «Non è così, la violenza è soprattutto nell'ambito familiare (70%). È commessa da mariti, partner, ex partner. L'estraneo è autore del 6% degli stupri. La violenza dello straniero che assale la vittima per strada non rappresenta la maggioranza dei casi e dà del fenomeno un'immagine distorta». Secondo stime sovradimensionate si può arrivare ad un massimo del 10% di azioni commesse da stranieri, ma la gran parte dei casi avvengono fra le mura domestiche: il 69% degli stupri è ad opera di partner o ex partner. Sono circa 6.800.000 le donne fra i 16 e 70 anni (32%) che hanno subito un atto di violenza fisica o sessuale, se si considera anche quella psicologica la quota sale ad oltre 12 milioni di italiane. Gran parte delle violenze rimangono nel sommerso, solo il 7% è denunciata. Anche le minacce e i maltrattamenti sono commessi per il 60% dai partner e nel 64,2% sono gravi. Solo il 18% delle donne pensano che la violenza del partner sia reato. Solo un quarto degli autori dei fatti viene imputato e solo l'8% è condannato. Alla fine, meno dell'1% del totale è condannato.

R.S. a cura della redazione ECplanet
Fonte: http://www.ecplanet.com/canale/varie-5/diritti_umani-65/1/0/35215/it/ecplanet.rxdf

martedì 20 novembre 2007

Libertà Sessuale

di Gabriele Bettoschi


L'evoluzione socio-culturale dell'Occidente è strettamente collegata alla storia della liberazione sessuale.
Ogni qualvolta l'uomo ha cercato di esprimere una nuova etica, una nuova qualità della vita, ha rivendicato sempre una maggiore libertà sessuale. Non a caso il sesso è stato uno dei protagonisti della rivoluzione socio-culturale del '68. Negli anni settanta, la sessualità, finalmente vissuta pienamente e liberamente, diventa un fatto pubblico, anzi un "atto politico". E' energia di coesione, si accompagna a grandi festival musicali, all'impegno per l'ecologia - i giovani sono i "figli dei fiori"- per i diritti umani e per il pacifismo, celebre è la frase "fate l'amore e non la guerra". L'organo sessuale femminile diventa simbolo di ribellione delle donne al maschilismo imperante. Per la prima volta le canzoni italiane affermano il sesso come valore umano, senza allusioni o stupidi doppi sensi; classico il "chi non lavora non fa l'amore". Gli studi sulla sessualità e su come raggiungere il piacere si diffondono a macchia d'olio. Il libro Paura di volare di Erica Jong, manifesto della liberazione sessuale, e la scoperta della pillola contribuiscono a farla vivere più liberamente. La sessualità entra dirompente persino nel Parlamento italiano e abbatte il tabù del divorzio e dell'aborto.Oggi, invece, il sesso è sempre più condizionato dal potere del mercato, della tecnologia e della pubblicità. L'amore etereo, gay o bisessuale permea qualsiasi aspetto della cultura, della pubblicità e della TV.Grazie anche a internet e all'enorme industria pornografica il sesso sta diventando un "prodotto globalizzato", malgrado l'incubo dell'Aids. Tutto è permesso, purché sia praticato in spazi protetti, per privilegiare sempre più, come negli altri settori, il privato e allo stesso tempo la superficialità e la teatralità del rapporto.L'industria farmaceutica crea prodotti per chi del piacere sessuale ha solo il ricordo e cerca di scoprire i molti segreti della sessualità della donna, al solo fine di far credere che basti una pillola per provare piacere. Il sesso, non è più uno strumento per allargare le coscienze e offrire possibilità di accesso a una vita creatrice e creativa, ma diventa una mera ricerca biologica, una tecnica, una merce da comprare e vendere.La ricerca scientifica sul piacere e sulla nuova "libertà" sessuale - tutta farmaceutica - che vorrebbe donare, cade nel ridicolo se dimentica che nella sessualità entra in gioco tutto il nostro corpo, tutto il nostro vissuto, oltre, naturalmente, all'equilibrio e alla tenerezza.L'ansia del piacere a tutti i costi ci sta portando all'impotenza e alla frigidità o, comunque, a un costante senso di inadeguatezza e insoddisfazione. Il risultato è che si parla molto di sesso, ma se ne fa poco e anche in maniera egoistica, consumistica e... virtuale: stiamo diventando una società di guardoni e di esibizionisti. Il Grande Fratello, le Webcam e i "calendari" ne sono un esempio! L'immaterialità del lavoro e della nuova economia si è estesa anche al sesso: siamo solo illusi di essere più liberi di provare più piacere. Mentre insoddisfazione e rabbia si celano sotto un'apparenza di conformismo ingannevole, la depressione è l'unica cosa concreta che circola... molto liberamente! Forse proprio ridando al sesso la sua dimensione comunicativa, creativa e, meglio ancora, affettiva, riusciremo a liberarci da una della cause del malessere moderno.

Fonte: http://www.lifegate.it/

lunedì 19 novembre 2007

IL GOVERNO USA CONTINUA CON GLI ESPERIMENTI SUL CONTROLLO CLIMATICO


DI CHRIS HANDY Global Reserach


Il governo statunitense continua, con molta nonchalance, a condurre esperimenti sulle manipolazioni climatiche (ha iniziato almeno mezzo secolo fa…!). Precedentemente classificate sotto i nomi “Progetto Cirrus” (1947) e “Progetto Popeye” (1966), le manipolazioni meteorologiche non sono più una pratica segreta. Nel 2005, il Senatore del Texas, Kay Bailey Hutchinson, sponsorizzava il progetto di legge (S517) “al fine di stabilire le Operazioni di Modificazioni Climatiche e di un Consiglio di Ricerca, e per altri scopi”. Tale progetto non è mai diventato legge. Tuttavia, si ha ragione di credere che diverse istituzioni governative portano avanti gli esperimenti legati al controllo climatico attraverso pratiche legali ed illegali senza renderlo pubblico. Non si tratta soltanto di un sospetto degli Stati Uniti. Il governo cinese, lo scorso aprile, annunciava la creazione della prima nevicata artificiale sulla città di Nagqu, in Tibet. Il fenomeno è soltanto un esempio di una lunga serie di esperimenti condotti in Cina sulle manipolazioni climatiche nel corso degli anni. La Cina, infatti, è, a livello mondiale, il paese che attualmente ha in essere il numero più elevato di progetti sull’inseminazione artificiale delle nubi. L’inseminazione di nubi attraverso l’utilizzo di ioduro di argento fu scoperta nel 1946, quale metodo valido per la stimolazione delle piogge. Nel 1947, l’esercito Americano tentò di utilizzare tale procedimento per la creazione artificiale di un uragano che, successivamente, colpì le coste della Georgia, nei pressi di Savannah. Alla metà degli anni ’60, tecniche simili venivano utilizzate con la speranza di rendere fangosa la Ferrovia di Ho Chi Minh, in Vietnam. L’idea era quella di rallentare il nemico grazie a delle condizioni meteorologiche sfavorevoli e, di contro, evitare che gli alleati potessero incontrare difficoltà dovute ad un clima avverso. Si tratta comunque di una tecnica obsoleta se la si paragona alle nuove metodologie più avanzate della nanotecnologia ed ad altre teconologie utilizzate per il controllo climatico. La MEMES (Microelectric Mechanical Sensors) o la più recente Global Environmental MEMS Sensors (GEMS), per citarne qualcuna, delle apparecchiature estremamente piccole, utilizzate per il controllo meteorologico. Della grandezza non superiore a quella di un pulviscolo, i sensori sono progettati per essere inviati all’interno degli uragani e di altri sistemi climatici per la registrazione di dati, quasi come fossero parte di tali sistemi. Questi dati possono essere successivamente utilizzati per migliorare le previsioni meteorologiche e potenzialmente controllare il clima atttaverso una migliore comprensione delle complesse formule matematiche coinvolte in tali sistemi. Un obiettivo è quello di “manovrare” tali sistemi verso punti ben precisi, aumentandone o diminuendone, a seconda, le dimensioni. Un altro partecipante estremamente controverso nel gioco delle manipolazioni climatiche è il poco famoso sistema HAARP, con base a Gakona, Alaska. HAARP, High Frequency Active Auroral Research Program (programma di ricerca attiva aurorale con alta frequenza, N.d.t.). Si tratta di un enorme sistema di antenne ispirato ai lavori scientifici di Nikola Tesla. Iniziato intorno al 1990, il programma HAARP è stato soltanto di recente declassificato e la maggior parte delle ricerche ad esso legate sembra abbiano luogo in via segreta.Attraverso questo sistema, quantitativi massicci di energia vengono sparati nella ionosfera, andando a riscaldare e distorcere una sezione fino a 30 miglia di diametro. Vi sono varie opinioni contrastanti al riguardo. Secondo alcuni lo scopo ufficiale di queste installazioni sarebbe quello studiare la ionosfera per migliorare le telecomunicazioni. Ma c’è chi dice che si tratta di un’operazione governativa di massa, tesa ad un controllo totale. Ma sono solo teorie, a volte persino poco plausibili. Anche di fronte all’evidenza, molte persone credono ancora che le modificazioni climatiche siano solo pura fantasia. Le persone devono invece sapere che simili tecnologie esistono da molto tempo, vengono davvero utilizzate ed hanno un potenziale altamente pericoloso ed un uso che va contro ogni etica. Il clima del nostro pianeta è parte di un unico sistema interconnesso e ogni modifica apportata, naturalmente o meno, va a colpire qualsiasi elemento legato a tale sistema. Eppure, noncuranti, le organizzazioni più interessate alla sperimentazione di modificazioni climatiche, sembrano applicare le loro teorie in una moltitudine di modi irresponsabili.


Chris Handy




Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA POMPEI


domenica 18 novembre 2007

Anticorpi ricombinanti umani

Dall'Università di Verona arrivano nuove armi contro il tumore alla prostata: gli anticorpi ricombinanti umani. Produrre anticorpi ricombinanti umani per sconfiggere i biomarcatori che provocano il tumore: è questo l'obiettivo della ricerca nel campo delle biotecnologie portata avanti dallo staff di Marco Colombatti, professore del dipartimento di Patologia della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Verona. Terapie chirurgiche, cure farmacologiche e radioterapie non riescono a sconfiggere le forme maggiormente aggressive del tumore alla prostata, diventato ormai la seconda causa di morte per cancro negli uomini. Al momento la medicina non dispone di efficaci strumenti di diagnosi precoce che permettano di valutare l'aggressività e quindi la capacità del tumore di evolvere verso le forme più avanzate della malattia. Ma con uno studio approfondito delle proteine delle cellule cancerogene della prostata sarà possibile individuare l’anticorpo adatto a dirigersi contro il Prostate Specific Membrane Antigen, una proteina che si trova nelle cellule cancerogene, e contro altri marcatori che potranno essere scoperti nel corso della ricerca. La ricerca è stata resa possibile grazie ai finanziamenti dell’Associazione per le Biotecnologie in Oncologia che per la realizzazione di questo progetto ha stanziato oltre 100mila euro. L'équipe di Colombatti potrà inoltre contare sulla collaborazione del gruppo di ricerca diretto da Silvana Canevari dell’Unità di Terapie Molecolari dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Questo studio che, per scoprire nuovi biomarcatori isolerà con tecniche avanzate di DNA ricombinante gli anticorpi prodotti in pazienti, permetterà a medici, patologi e ricercatori di lavorare insieme per sviluppare, direttamente dal letto del paziente al laboratorio, nuovi approcci diagnostici e terapeutici. Con una maggiore disponibilità di anticorpi ricombinanti diretti contro i biomarcatori del tumore prostatico sarà quindi possibile sviluppare nuove strategie di immunoterapia passiva per il trattamento di questo tumore. La ricerca portata avanti da Colombatti e dal suo staff si indirizza proprio su questo versante, ovvero sulla produzione di anticorpi umani capaci di combattere il tumore nella sua fase più avanzata. Gli effetti positivi dei risultati della ricerca per il trattamento e la gestione del paziente affetto da tumore prostatico saranno notevoli. Si potrà infatti ottenere in tempi rapidi l'unico anticorpo ricombinante umano contro il “Prostate Specific Membrane Antigen” in tutta Europa che consentirà l'esecuzione di studi più precisi ed efficaci mirati all'applicazione in pazienti portatori di questa malattia. Inoltre a beneficiare di tali risultati saranno proprio i pazienti terminali che ora sono costretti ad affidarsi alle terapie convenzionali.

a cura dell'Università degli Studi di Verona

Per ulteriori informazioni:

Università degli Studi di Verona Ufficio Stampa Via dell'Artigliere, 8 I-37129 Verona Phone: +39 045.8028164 E-mail: ufficio.stampa@univr.it Università degli Studi di Verona

Fonte: http://www.ecplanet.com/canale/salute-7/tumori-59/1/0/34815/it/ecplanet.rxdf

sabato 17 novembre 2007

Parkinson: nuovi farmaci

a cura del CNR

Ricercatori italiani stanno sperimentando con successo nuovi farmaci a base di sali di litio in grado di ‘sbloccare’ un neurone causa della malattia. I risultati presentati in una conferenza stampa organizzata dalla Limpe e dal Cnr La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa per frequenza dopo l'Alzheimer. In Italia le persone colpite sono circa 250 mila, con 5.000 nuovi casi ogni anno. Ma con l'invecchiamento della popolazione questo numero è destinato a raddoppiare nei prossimi 15-20 anni. Il parkinsonismo è una malattia piuttosto rara prima dei 40 anni e colpisce in particolare gli uomini, che rischiano 1,5 volte di più rispetto alle donne. Se ne è parlato, oggi, nel corso di una Conferenza stampa, organizzata dal Consiglio nazionale delle ricerche e dalla Limpe, dove sono stati anticipati alcuni dei temi che saranno discussi nel convegno Disturbi del sonno nelle demenze e nei disordini del movimento (Roma, Centro Congressi Angelicum della Università Pontificia, 10 novembre), e a cui partecipano ricercatori universitari e del Cnr. Le terapie attualmente utilizzate comprendono la levodopa e un gruppo di farmaci chiamati Dopamino agonisti che sono in grado di migliorare significativamente i sintomi della malattia, la qualità e l’aspettativa di vita, anche se non sono in grado di arrestare né rallentare l’evoluzione della malattia, che rimane associata a disabilità progressiva. “La scelta del farmaco o dei farmaci nel trattamento del paziente parkinsoniano”, spiega Giuseppe Nappi, presidente della fondazione Limpe onlus (Lega Italiana per la Lotta contro la Malattia di Parkinson le sindromi extrapiramidali e le demenze) “è diventata complessa, perché ogni sforzo diretto a migliorare la sintomatologia deve evitare e soprattutto contenere la comparsa delle fluttuazioni e dei movimenti involontari, che sono gli effetti collaterali della terapia attuale più dannosi, quelli cioè meno controllabili e più fortemente invalidanti. Alcuni recenti studi clinici e di ricerca di base su un farmaco a base di litio stanno dando ottimi risultati. Questo principio attivo, utilizzato da decenni in terapia con altre indicazioni, ha recentemente prodotto risultati sorprendenti nella terapia della SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), una grave malattia degenerativa che ha molti punti in comune con il Parkinson. Il litio è in grado di attivare l'autofagia, un meccanismo fondamentale per contrastare e riparare la degenerazione neuronale. Infatti, “Il punto nodale della cura della degenerazione neuronale”, spiega Stefano Ruggieri, dell'Università Sapienza di Roma e presidente della Limpe, “è proprio l'attivazione dell'autofagia, ossia del processo per cui il neurone è in grado di eliminare le sue strutture danneggiate e di ricostruirle, evitando la sovrabbondanza dei ‘detriti’ che causano lentamente la morte neuronale. I nostri sforzi ora sono puntati a valutare l'efficacia del carbonato di litio nel proteggere dalla degenerazione i neuroni dopaminergici e stabilizzare clinicamente la sintomatologia parkinsoniana (tremore, rigidità e lentezza dei movimenti)”. Negli ultimi anni, la ricerca ha fatto progressi ma molto resta ancora da fare, soprattutto sul fronte dell'assistenza ai pazienti. Tenere accesi i riflettori su questi malati, sempre più numerosi, è l'appello che viene da esperti ed associazioni.

Scheda

Data articolo: novembre 2007 Che cosa: sviluppo di nuovi farmaci per la malattia di Parkinson Chi: Limpe, Università la Sapienza e Cnr

Per informazioni:

Stefano Ruggieri, Università Sapienza Phone: +39 06/4455618 Giovanni Nappi, Fondazione Limpe onlus Mobil: +39 335/6001294 Niki Franciolini, Conventur Mobil: +39 3392394474 E-mail: n.franciolini@gmail.it UfficioStampa Cnr: Maria Teresa Dimitri Phone: +39 06.4993.3443 E-mail: mariateresa.dimitri@cnr.it

Fonte: http://www.ecplanet.com/canale/salute-7/neurologia-69/1/0/34985/it/ecplanet.rxdf

giovedì 15 novembre 2007

Guantanamo: ecco il manuale delle torture


Dalla scorsa settimana circola in rete un documento trafugato da Wikileaks, il sito globale dei pentiti e degli informatori che vogliono rimanere anonimi. Si tratta del "Camp Delta Standard Operative Procedures" il manuale per la gestione del campo di concentramento di Guantanamo, datato 28 marzo 2003. Da anni il Pentagono si oppone alle richieste dell'American Civil Liberties Union che, invocando il Freedom of Information Act, ne chiedeva la pubblicazione. Ma nessuno ha potuto vedere questo documento finché una gola profonda - probabilmente un ufficiale incaricato - non l'ha spedito a Wikileaks.org.La lettura di queste 238 pagine scritte in burocratese militare è molto faticosa, ma decisamente emozionante. Purtroppo si tratta di emozioni prevalentemente negative: tristezza, sconforto, rabbia e disgusto. Difficilmente si troverà mai sul pianeta un editore abbastanza pazzo da investire dei soldi per tradurre e pubblicare questo documento, eppure si tratta di un testo storico. Nel susseguirsi delle descrizioni delle più svariate tecniche mai ideate per torturare un essere umano, il manuale delle procedure operative di Camp Delta (il settore più restrittivo di Guantanamo) segna la fine di un'epoca ed è praticamente la pietra tombale sugli ultimi decenni di relativa pace e miglioramento dei diritti umani. Il documento comprende una dettagliata lista di "generi di conforto", come la carta igienica extra, da venire usati come ricompense per i prigionieri più malleabili. Ci sono poi sei pagine di istruzioni su come trattare i nuovi arrivi, istruzioni precise su come manipolare psicologicamente i prigionieri e come gestire gli scioperi della fame - in genere si utilizza una sonda per l'alimentazione forzata che viene inserita senza anestesia dopo che il detenuto è stato incatenato a un'apposita sedia. Vi si possono inoltre trovare preziosi consigli su come utilizzare i cani per intimidire i prigionieri, qualcosa che pochi mesi dopo avere firmato questo manuale, il generale Geoffrey Miller pensò di sperimentare anche in Iraq, com'è noto nel famigerato carcere di Abu Ghraib. «Quello che mi colpisce, oltre all'estrema precisione con cui vengono descritte tutte le possibili procedure» ha dichiarato Jamil Dakwar responsabile del programma per i diritti umani dell'American Civil Liberties Union «è l'abitudine di suddividere i prigionieri a seconda del livello di accesso consentito ai responsabili della Croce Rossa Internazionale, gli unici che possono incontrare detenuti a cui non è permesso nemmeno di parlare con il proprio avvocato». Si scopre infatti che sono previsti quattro livelli: Unrestricterd Access (accesso libero), Restricted Access (i rappresentanti della Croce Rossa possono solo fare qualche domanda relativa alla salute del prigioniero), Visual Access (guardare senza fare domande) e No Access. Questa categorizzazione, sottolinea Dakwar «solleva parecchie preoccupazioni, sia perché la Croce Rossa è l'unica organizzazione che può visitare i detenuti sia perché l'amministrazione ha assicurato pubblicamente parecchie volte che sarebbe stato garantito pieno accesso in tutti i settori di Guantanamo».La pubblicazione - solo in rete - di questo documento getta una luce sinistra su quella concezione dei diritto che, insieme all'habeas corpus, viene giustamente considerata uno dei fondamenti della cosiddetta civiltà occidentale. Per noi, cresciuti godendo dei frutti di quello che veniva dall'altra parte dell'Atlantico - non soltanto film e canzonette ma soprattutto quella radicale idea di libertà che è stata motore di trasformazioni sociali planetarie come l'emancipazione femminile - sancisce anche la fine di quell'illusione. O, alternativamente, l'amara constatazione che quelle pulsioni vitali della società americana sono state sconfitte, insieme allo sterminio economico delle classi medie - ricacciate nel sottoproletariato criminale o messe al servizio della mafia texana che governa il paese. Insomma, per dirla all'antica, negli States la lotta di classe ha registrato la devastante vittoria dell'oligarchia, e tutti gli avanzati discorsi sui diritti si sono svuotati come le bolle speculative, sotto il passaggio dei panzer neoliberisti. Il paese è sull'orlo del baratro e tutto ciò che sa produrre, di fronte a questa crisi, è un super-avanzato sistema di prigionia illegale che, da Guantanamo, si è ormai diffuso nelle decine di prigioni segrete che il Pentagono ha disseminato nel mondo. Nello scrivere le istruzioni per l'uso, i burocrati militari non hanno soltanto dimostrato di avere studiato in modo molto approfondito i più avanzati metodi di tortura fisica e psicologica. Hanno anche preso quello che pensavamo fosse una parte fondante dell'identità occidentale e lo hanno fatto a pezzi. Non sarà facile rimettere insieme i cocci.

di Sabina Morandi
Fonte: Liberazione 15/11/2007